
Il rischio di depressione fra gli operatori sanitari
La depressione è un disturbo psichico tra i più invalidanti. Da anni l'OMS rivela il costante aumento del disturbo fra la popolazione di ogni fascia di età e status sociale, ma l'attuale situazione pandemica potrebbe comportare un ulteriore aumento dei casi di depressione, soprattutto fra il personale sanitario. Ma vediamo bene il perché.

La Depressione rientra fra i disturbi dell'umore (DSM 5) differenziandosi in depressione maggiore, persistente o disforica. L'umore nell'uomo è generalmente flessibile: quando gli individui vivono eventi o situazioni piacevoli, l'umore flette verso l'alto (euforia) mentre flette verso il basso in situazioni negative e spiacevoli (tristezza). Chi soffre di depressione non mostra questa flessibilità, ma il suo umore è costantemente basso, indipendentemente dalle situazioni che vive.
Non a caso, per la diagnosi di depressione maggiore sono richiesti 5 (o più) dei seguenti sintomi:
- Umore depresso per la maggior parte del giorno, per la maggior parte dei giorni;
- Scarso interesse o piacere per tutte o quasi quelle attività che in passato risultavano gradevoli;
- Significativo aumento o perdita di peso;
- Significativa diminuzione o aumento dell'appetito;
- Insonnia o ipersonnia;
- Agitazione o rallentamento psicomotorio osservato da altri (non auto-riferito);
- Astenia o perdita di energia;
- Sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati;
- Diminuita capacità di pensare o concentrarsi;
- Pensieri ricorrenti di morte o di suicidio.
Questi sintomi devono essere stati presenti quasi ogni giorno durante un periodo di almeno 2 settimane, ed uno di essi deve essere un umore depresso o una perdita di interesse o di piacere.

Un recente studio scientifico
condotto in Cina sembra dimostrare un rischio depressivo molto superiore fra i
medici e gli infermieri rispetto alla popolazione generale. Gli operatori
sanitari infatti sono costantemente a contatto con la sofferenza umana, le
angosce dei parenti e le responsabilità legate al loro operato, ma l'attuale
situazione pandemica sta sottopendo quessti uomini e donne a rischi psicologici
mai registrati prima. Sul lungo periodo, infatti, questa pandemia rischia di
danneggiare i professionisti medico-sanitari, sia nella loro sfera umana
personale e privata, sia nelle loro relazioni sociali, sia in ambito
lavorativo.
Attualmente il personale sanitario non è esposto solo al Coronavirus (SARS-CoV-2), ma anche a situazioni di morte e dolore, isolamento sociale, stigmatizzazione, con altissimi rischi di burn out. Depressione, ansia e insonnia sono solo alcuni dei disturbi al quale vanno incontro, disturbi che necessitano di essere curati e trattati adeguatamente fin da subito per poi essere monitorati con adeguati follow-up. Infatti questi operatori sanitari non solo stanno svolgendo un lavoro enorme (con tutti i disagi del caso), ma devono gestire un ulteriore fonte di sofferenza: spesso decidono di isolarsi completamente dai loro familiari, allontanandosi dai loro affetti più cari per timore di contagiarli, privandosi di fatto di un importante sostegno psicologico.
A confermarlo è uno studio scientifico pubblicato sul Journal of American Medical Association, basato su un'indagine svolta dal 29 gennaio al 3 febbraio e relativa alla salute mentale di 1.257 operatori sanitari che hanno assistito pazienti affetti da Covid-19 in 34 ospedali della Cina.
Lo studio, intitolato Factors Associated With Mental Health Outcomes Among Health Care Workers Exposed to Coronavirus Disease 2019, è riuscito a quantificare il rischio di sviluppo di patologie psicologiche e psichiatriche tra gli infermieri e i medici impegnati nella cura dei pazienti affetti da Covid-19.

Nell'indagine vengono esaminati i risvolti relativi alla salute
mentale di 1.257 operatori sanitari di 34 ospedali cinesi che hanno dovuto
assistere pazienti contagiati da SARS-CoV-2. Secondo lo studio la gran parte di
questi ha riferito di aver sviluppato i seguenti disturbi e/o patologie:
depressione (50%), ansia (45%), insonnia (34%) e disagio psicologico
generalizzato (71,5%).
La categoria degli infermieri, e in particolare quelli di sesso femminile, sembrano riportare i sintomi più gravi, con percentuali di insorgenza di disturbi psicologici ben più alte rispetto a tutte le altre categorie di lavoratori all'interno delle strutture sanitarie. Altro dato interessante è che i medici e gli infermieri di Wuhan, epicentro originario dell'epidemia, hanno presentato sintomi depressivi maggiori rispetto ai colleghi operanti in zone più lontane dal focolaio principale.
Ovviamente il rischio di sviluppare conseguenze psicologiche in seguito all'emergenza Coronavirus coinvolge molte altre categorie di persone, in primis i sopravvissuti e i parenti delle vittime. Coloro che hanno sperimentato la rianimazione e la paura della morte, in seguito saranno chiamati a gestire il non facile senso di sopravvivenza. I parenti delle persone decedute, devono essere aiutate ad elaborare il lutto. L'impossibilità di salutare il proprio caro defunto con un rito funebre, ha reso la perdita ancor più traumatica. Queste persone hanno bisogno di un sostegno psicologico immediato al fine di evitare la cronicizzazione di disturbi psicologici più gravi e deabilitanti.
In ultimo bisogna chiarire che il rischio di sviluppare sintomatologie depressive coinvolgerà certamente tutta la popolazione in generale, sia per i fenomeni di isolamento e distanziamento sociale, che in relazione al trauma psicologico della paura di infettarsi, i cui effetti rischiano di manifestarsi anche a distanza di tempo.

